Viaggio nel Creato

Viaggio nel Creato

Nel  1952 fra Daniele è operato a Roma di un tumore alla milza. La cartella clinica del tempo pre­cisa che gli è stata asportata una massa grossa quanto un’anguria.

L’anno successivo, per un periodo di tempo, ogni mattina, fra Daniele va alla clinica «Regina Elena», la stessa dove era stato operato, per le applicazioni radiologiche e chemio-terapiche. È in questo periodo che si verifica l’evento straordinario che egli stesso soleva raccontare, su richiesta, ai suoi amici.

Il 28 febbraio 1978 fra Daniele si trova a Sandrigo (VI) con il Gruppo di Preghiera di Padre Pio e uno dei presenti gli chiede: «Fra Daniele, raccontaci ciò che è avvenuto un giorno ormai lontano di quel viag­gio o di quella comunicazione spirituale nel mondo sensibile e ultrasensibile di cui sei stato oggetto».

 

LA ROSA

Fra Daniele risponde: Ascoltate! Non so spiegare ciò che mi è capitato. È certo che non ero in viaggio, ma a letto e stavo sveglio, tanto che dopo mi sono ritrovato seduto sul letto.

Ad un certo punto mi trovo in un luogo scono­sciuto, mai visto prima, una campagna bellissima, a l’orma di conca. Camminando camminando, arrivo presso una siepe e vedo una rosa bellissima, di un rosso scuro. Era meravigliosa. Guardandola ho detto: Quanto sei bella! Nel medesimo tempo, sento un profumo particolare, mai sentito. Pieno di stupore, mi rivolgo a quella rosa e le dico: quanto sei bella e che bel profumo hai! Possibile che gli uomini non ti hanno ancora scoperto?

La rosa mi risponde: «Io sono del Creatore e sono qui per lodarlo». E questo profumo? «Questo profumo serve a purificare l’aria inquinata dall’uomo ed a supplire alla mancanza di amore che l’uomo deve al nostro Creatore».

A queste parole resto sconcertato, mi sento quasi rimproverare e penso: «Queste parole sono per me», ma mi rianimo subito perché la voce continua e dice: «No! Non sono per te».

 

I FIORI

Riprendo a camminare e mi trovo dinanzi ad un prato tutto fiorito. Non ho il coraggio di camminarvi sopra. Invece, i fiori, inclinati, mi invitano a procedere. Mentre chiedo scusa perché li calpesto, essi mi ringraziano. Volgendomi, chiedo loro: Ditemi, qual è il vostro compito? Mi rispondono: «Purificare l’aria dal peccato di impurità e supplire all’amore che gli uomini non hanno per il Creatore».

Sono le stesse parole di rimprovero della rosa. La stessa voce mi dice: «No! Queste parole non sono per te».

 

 

LA CASCATA

Continuando il mio cammino, arrivo sopra un pen­dio in fondo al quale scorre un ruscello che, ad un tratto, forma una bella cascata. Dentro di me penso: non mi dirà anche l’acqua che loda il Creatore?

Chiedo: Sorella acqua, qual’ è il tuo compito da­vanti a Dio? «Lodare il Creatore». E come lodi il Cre­atore? «Con il mio suono». Io non ho mai sentito l’acqua risuonare ed avere delle note!

Allora da quella cascata vien fuori il suono di un organo non paragonabile a quelli costruiti dagli uo­mini. È una melodia talmente celestiale, che, sono costretto a dire: Basta!, basta! È una melodia che penetra nell’intimo.

 

 

 

 

IL GIGLIO

Curioso! Cammino in mezzo all’acqua, non mi bagno. Il ruscello mi porta verso il mare. Ad un’insena­tura a gomito, mi trovo in un angolo: l’erba è bella e lucente, le foglie sono diritte: sembrano statue che si innalzano verso il cielo e, in mezzo, un giglio bello. Alto, con un solo fiore a forma di calice: tanto bello che m’incanto a guardarlo.

Mi sembra di aver fretta e non mi fermo, però penso: anche questo giglio mi dirà che loda il Crea­tore! E continuo a camminare.

Il giglio mi gira attorno, quasi per farsi notare, e allora gli dico: «Lo so già, so qual è il tuo compito: lodare il Creatore».

 

 

 

 

IL PESCE

II fiore fa un profondo inchino come per darmi il suo assenso ed io proseguo il mio cammino in questo ruscello fino ad arrivare al mare. Mi immergo e conti­nuo il cammino, non sulla superficie dell’acqua, bensì sul fondale marino. Vedo tante belle erbette e una quantità di pesciolini mai visti prima, sottili e colorati che mi danzano davanti e sono tanto belli, tanto belli.

A circa duecento metri, noto un grosso pesce che viene verso di me, sembra che cerchi confidenza e che mi sorrida, ma io ho paura. Quando è circa a cinquanta metri gli dico: Ehi tu! Fermati e dimmi cosa vuoi. Si vede, però, che è mortificato di doversi fermare là ed io , quasi pentito, lo esorto ad avvicinarsi ancora un poco e quando è a circa venti metri, chiedo anche a lui: Qual è il tuo compito? «Il mio compito è prendere le lodi delle creature che sono nel mare e, attraverso un sacerdote che è nel mondo, of­frirle al Creatore». Rispondo: Ho capito, questi è Pa­dre Pio. Al sentire il nome di Padre Pio, quel grosso pesce si inchina profondamente e rimane in quella posizione fino a quando gli dico di drizzarsi.

Anche sul fondale marino, così come nel ruscello, non mi bagno e, pieno di meraviglia, mi chiedo il perché. L’acqua stessa sembra rispondermi: «Tu ti trovi in mezzo a noi, non solo come uomo che sente la pesantezza del corpo, ma anche come spirito». Per questo non mi bagnavo.

 

 

IL SERPENTE

Risalendo in superficie, mi trovo sulla riva del mare dove, oltre la sabbia, ci sono tanti cespugli, degli scogli e una piccola salita. Guardando in lonta­nanza, vedo tanti serpentelli belli e di tanti colori, come quei pesciolini visti in fondo al mare. Si attor­cigliano tra loro e mi vengono dinanzi facendo delle danze meravigliose.

In lontananza, su quella piccola e dolce collina, vedo un serpente molto grande e lungo che, solo a guardarlo, metteva paura. Mi giro e mi rigiro per non  vederlo, ma quello mi sta sempre dinanzi, tanto che sono costretto a chiedergli: Forse anche tu vuoi par­larmi? Forse vuoi dirmi che anche voi serpenti lodate il Creatore? Ma…come fate a lodare il Creatore se il diavolo ha le vostre sembianze? «No! Il/ diavolo non ha sembianze. È l’uomo che ha dato al diavolo le nostre sembianze». E qual’ è la vostra lode? Come lodate il Creatore? «Con i suoni».

Allora i serpenti si mettono in armonia tra loro e mi fanno ascoltare una dolce melodia. Ma io non resisto e dico loro, come alla cascata dell’acqua: Basta! Basta!

Dopo aver attraversato la collina sabbiosa, mi inoltro in una foresta. Le piante danno l’impressione di muoversi insieme alle foglie e vibrano, come se fossero in allegria. Dentro di me penso: Non mi di­ranno anche loro che lodano il Creatore?

Una voce risponde a questa mia domanda non esternata: «Certamente! Sì che lodiamo il Creatore!». E come? In che modo? «Con la nostra bellezza… per purificare l’aria e dare ossigeno all’uomo, a quell’ uomo che è tanto ingrato verso il nostro Creatore». Allora penso: qui tutto il creato rimprovera noi uomini!

 

IL LEONE

Camminando in questa foresta incontro tanti animali: scoiattoli…, uccelli…, una mandria di elefanti che fa rumore nel procedere e al loro passaggio sembra che gli alberi si spostino.

Sopra una piccola murgetta, su un sasso, vedo un leone grande, bello e maestoso. Pur sapendo che non può nuocermi, ho paura e gli ordino di non muoversi. Se vuole parlarmi, può farlo dal posto in cui si trova.

Anche al leone chiedo: Qual è il tuo compito? Mi risponde con le stesse parole del pesce e aggiunge: «Noi possiamo lodare il Creatore, ma non possiamo offrire amore. Questo può farlo solo l’uomo perché ha un’anima immortale! Ah! Se l’uomo capisse cos’è l’amore. Tutte le nostre lodi sono niente in confronto di un atto d’amore dell’uomo al nostro Creatore.

Non possiamo nuocerti, né toccarti, ma solo rispettare: Noi affidiamo le nostre lodi ad un sacerdote che è nel mondo perché lui è tanto gradito all’Eterno». Gli dico: Ho capito, questi è Padre Pio. Anche il leone, come il pesce, a sentire il nome di Padre Pio, si inchina profondamente. Io mi sento quasi orgoglioso perché conosco Padre Pio, vivo con Padre Pio!

 

L’ALBERO

Finito il discorso con il leone e con gli altri animali della foresta, continuo a camminare fino ad arrivare presso un albero secolare. È talmente grande che tre uomini non sarebbero riusciti ad abbracciare il tronco. Ai piedi di questo albero, quasi frastornato e stanco, nella speranza di non sentire più niente, mi siedo. Questa pianta era una specie di cedro del Libano, i cui rami non erano pendenti, ed era quasi tutto scorticato, la corteccia rimastavi era tutta appesa. Dico: Beh, questo vecchio albero non mi dirà anche lui che loda il Creatore?

La risposta fu immediata: «Certamente! Sì che lodo il Creatore! Non posso amarlo, ma solo lodarlo. Anzi è da secoli che esplico il mio compito. Prendo tutte le lodi delle piante e degli alberi che sono nel mondo e, attraverso un sacerdote tanto gradito all’Eterno, dopo Gesù, le offro al nostro Creatore».

Penso subito e dico: II sacerdote è Padre Pio. Nel pronunciare il suo nome, mi consolo pensando che Padre Pio è mio.

Ad un tratto sento un rumore, mi giro e vedo quel vecchio albero curvarsi insieme a tutte le piante.

Dopo avergli fatto prendere la posizione di prima, lo esorto a parlarmi di Padre Pio. Mi parla a lungo di Gesù, Sommo Sacerdote, e poi mi fa un panegirico sul sacerdozio di Padre Pio, di quest’ uomo tanto gradito a Dio, che sapeva incarnare in tutto e per tutto la persona e il messaggio di Gesù.

Le parole dell’albero erano meravigliose. Non avevo sentito mai nessuno parlare di Padre Pio in quel modo. Ma tutto è conforme a verità perché, conoscendo Padre Pio, tutto quello che sento, viene approvato da me perché so che è così. Purtroppo di quel panegirico non ricordo più niente, ricordo solo che era un elogio meraviglioso.

 

SEDUTO SUL LETTO

A questo punto mi ritrovo seduto sul letto, sveglio. Dentro di me penso: Ma come è possibile? Sto sveglio e mi sono trovato là… là…, in tutti quei posti…? Io queste cose non le capisco, né so come chiamarle. Di una cosa sono sicuro: tutto ciò è avvenuto per davvero.

Dopo mi distendo sul letto cercando di mettere ordine nella mia mente. Ma più rifletto e più sento qualcosa di misterioso in me. Penso: Adesso capisco San Francesco, capisco il Cantico delle Creature: «Laudato sie, mi Signore, cum tucte le tue creature…».

La mattina successiva, quando vedevo gli alberi che mi passavano davanti mentre ero nel filobus o nel tram per andare a fare le applicazioni dei raggi, mi veniva voglia di salutarli, anzi li salutavo. Però stavo molto attento a non farmi notare per il timore che la gente mi ritenesse pazzo.

 

IL SIGILLO DI PADRE PIO

Tornato da Roma a San Giovanni Rotondo, raccontai tutto l’accaduto a Padre Pio. Egli ascoltò, poi disse: «Cosi è, figlio mio», confermando e sigillando quello che mi era accaduto: tutto il creato converge verso di lui e lui offre tutto al Creatore.

Quando ho riferito l’accaduto a Padre Pio era presente anche il confratello padre Costantino da Fragneto l’Abate, il quale era sordo. Usciti dalla cella di Padre Pio, mi chiamò da parte e mi disse: «fra Daniele, fra Daniele, devi farmi una carità, una carità personale: devi raccontarmi quello che hai detto a Padre Pio, perché ho compreso poche parole, ma ho capito che deve essere una cosa meravigliosa».

Dopo averglielo raccontato, mi promise che avrebbe preso degli appunti e che l’avrebbe pubblicato.

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