Generalmente dopo la festa della Candelora o della presentazione di Gesù al Tempio, da parte di Maria e Giuseppe, era consuetudine disfare il presepe. Finiva così, per me, l’impegno di recarmi a casa, dai miei, per recitare il Rosario dinanzi al Bambino Gesù. Un giorno, poteva essere il mese di febbraio o marzo del 1953, Padre Pio mi chiama nella sua stanza e dice: «Tu, da domani, ti recherai in una casa di San Giovanni Rotondo», e mi diede l’ubicazione esatta dell’abitazione. Mi dice: «Andando alle Monache – un conventino delle Suore che un tempo fu il primo ospedale fondato da Padre Pio, ora ridotto ad un rudere, dopo il terremoto – entri, non nella prima, ma nella seconda casa e vi troverai una vecchietta che si chiama Zia Rosina, con altre persone già radunate per la recita del Santo Rosario: sono tutti miei figli spirituali, vai parla loro a nome mio, dirai quello che il cuore ti suggerisce». Ed io: «Padre, ma io cosa posso dire a queste persone?». Il Padre: «Non ti preoccupare, tu vai…anzi, prendi questo libretto». Era un libretto dedicato a San Francesco di Sales: era tutto squinternato e vecchio. Il Padre: «Apri e leggi ciò che vi trovi scritto, per la spiegazione ti sarà suggerito quello che devi dire. Ricordati che quello che dirai agli altri servirà anche a te». La prima volta che mi recai in casa di zia Rosina, vi trovai una quindicina di persone, poi, più passavano i giorni più diventava stretta per accogliere il numero di devoti che vi si recavano per recitare il Rosario e pregare per le intenzioni di Padre Pio. «Va’ e parla a nome mio…».
Padre Pio parlava attraverso la mia persona. Senza saperlo annunziavo la parola di Dio e le sue meraviglie a queste persone semplici e devote che cercavano solo, con Padre Pio, d’essere più uniti a Gesù e alla Mamma sua. Il gruppo di preghiera, a San Giovanni Rotondo, era già iniziato da qualche anno, per cui Padre Pio, aveva suggerito a queste sue devote di riunirsi a pregare insieme. «Va’ e parla a nome mio». Questo mandato che il Padre mi aveva affidato non era esclusivo per questo gruppo, ma voleva coinvolgere tutti i gruppi di preghiera in cui mi recavo. Padre Pio mi si era offerto come «Padre Spirituale» e, da padre amoroso, mi aveva affidato il compito di messaggero ed animatore dei Gruppi di Preghiera, assicurandomi la sua presenza: «Dove vai tu, là sto anch’io». Questa presenza l’ho sperimentata giorno dopo giorno, puntualmente, nella mia vita; anche dopo la sua morte (Cfr. Fra Daniele Natale-Cappuccino). Padre Pio, assicurandomi la sua presenza, infondeva nel mio cuore forza e coraggio, ovunque mi recassi. Ogni volta che dovevo partire per quegli impegni, andavo da Padre Pio per chiedergli la sua benedizione e per domandargli ciò che dovevo dire ai suoi figli spirituali. E il Padre: «Porta, a tutti, la mia benedizione…ricordati che assieme a te ci sono anch’io. Quello che dici tu lo dico anch’io. Assicurali che quando sono riuniti per la preghiera, io sono in mezzo a loro, anche quando tu non sarai con loro. Questo che dico è per sempre». Sono sicuro che Padre Pio si comporta, tuttora, come ha fatto con me, con i Confratelli, sacerdoti e figli spirituali, facendo sentire loro la sua presenza e suggerendo loro ciò che devono dire. Terminato di parlare, prima di congedarmi, gli ascoltatori, mi circondavano e chiedevano chi una cosa, chi un’altra; manifestavano i loro mali e le varie sofferenze delle loro famiglie: si raccomandavano di riferirle a Padre Pio affinchè pregasse per loro. Li esortavo a pregare e ad avere fiducia poiché Padre Pio, essendo in mezzo a loro e conoscendo i loro problemi, certamente pregava Gesù e la Madonna per le loro intenzioni; Padre Pio, così, mi assicurava la sua presenza in qualunque luogo mi recassi.
(tratto da “Fra Daniele racconta…le sue esperienze con Padre Pio” di Padre Remigio Fiore cappuccino – Edizioni Frati Cappuccini 2001)